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“Il piano socio sanitario toscano 2018-2020 è insufficiente e non affronta i veri problemi”

Sanità

Il piano socio-sanitario 2018/2020 presentato dalla Regione Toscana, attualmente in discussione in Consiglio Regionale, ripete obiettivi già contenuti in numerosi atti di indirizzo rimasti sempre disattesi.

Nonostante i nostri ripetuti tentativi di far comprendere che le cose non funzionano, la Regione si ostina a valutare unicamente le statistiche e classifiche nazionali senza tener conto della percezione della nostra gente che è ampiamente insoddisfatta dei servizi e che è ormai arrivata alla convinzione che solo chi ha i soldi si può curare.

Sono molti gli elementi che hanno portato a questa situazione: la mancata realizzazione delle strutture territoriali promesse dal 2012 (case della salute e posti letto di cure intermedie) che mette a rischio lo stesso funzionamento degli ospedali per intensità di cura  e produce inaccettabili aumenti dei carichi di lavoro per i lavoratori, i ticket sanitari  più alti d’Italia che uniti a liste di attesa inaccettabili producono l’abbandono della sanità pubblica da parte di chi se lo può permettere, la telematica che, nonostante gli investimenti fatti in questi anni non funziona, la mancata presa in carico dei pazienti cronici, ecc..

Tutti questi aspetti si condensano in uno: la sanità toscana non è ancora riuscita a mettere il paziente al centro del servizio e costringe lui ed i suoi familiari a cercarsi le informazioni in servizi e luoghi diversi con la relativa difficoltà di rapporto con la burocrazia.

Non è questione solo di scarsità di risorse. Molti degli aspetti che abbiamo sinteticamente richiamato sono riconducibili anche ad una oggettiva insufficienza dei dirigenti e dei manager di attuare le riforme e di organizzare i servizi e le risorse umane, finanziarie e strumentali. Eppure la Regione si ostina a confermare questo quadro dirigente.

CGIL-CISL-UIL stanno concludendo in questi giorni un programma di verifica e consultazione in tutti i territori della Toscana al termine del quale saranno programmate le azioni necessarie a far comprendere alla Regione che i cittadini toscani non possono più tollerare questo stato di cose.

Piero Rubbioli
Responsabile settore socio-sanitario

 

Di seguito il documento unitario unitario che CGIL CISL UIL hanno presentato alla Regione Toscana per indicare gli aspetti più controversi e fare proposte per migliorare la sanità regionale

 

PREMESSA

Gli obiettivi contenuti nel Piano sono condivisibili e corrispondono in larga parte alla piattaforma unitaria su welfare e sanità presentata da Cgil, Cisl e Uil e dai rispettivi sindacati dei pensionati nel 2016. In particolare, sono apprezzabili gli obiettivi dell’eliminazione delle disuguaglianze sul territorio (ad oggi si registra una disparità di accesso ai servizi per i cittadini toscani e un’aspettativa di vita che varia in base al luogo in cui si risiede), la maggiore integrazione socio-sanitaria, il superamento delle liste di attesa, il rafforzamento dell’assistenza sanitaria e socio sanitaria sul territorio. Obiettivi, peraltro, già contenuti in numerosi atti di indirizzo della Regione rimasti disattesi.
Il lavoro di ascolto che Cgil, Cisl e Uil hanno realizzato sul territorio regionale evidenzia come siano presenti molti elementi di criticità, che restituiscono un’immagine del sistema sanitario regionale diversa da quello che emerge dalla pubblicazione di statistiche e classifiche nazionali. Tenendo conto delle attuali condizioni e dello stato di salute del sistema sanitario toscano, non è chiaro come gli obiettivi contenuti nel Piano siano conseguibili se non si investono adeguate risorse, ma soprattutto se non le si programmano con attenzione, appropriatezza e la verifica puntuale dei risultati.
In che modo, dunque, la Regione intende raggiungere gli obiettivi contenuti nel Piano, tenendo conto delle attuali condizioni del sistema socio-sanitario, delle risorse a disposizione e soprattutto di una domanda di salute che sarà sicuramente crescente nel tempo, per via del trend demografico e dell’aumento dei rischi di povertà e disagio sociale?

LA VERIFICA DELLA RIFORMA
Per capire che cosa negli anni scorsi non ha funzionato, è necessario fare un bilancio delle questioni rimaste aperte rispetto alla delibera n. 1235 del 2012, sulle azioni di riordino dei servizi del sistema sanitario regionale. E’ evidente che non ha funzionato la riorganizzazione dell’ospedale per intensità di cure, giacché l’intervento territoriale e il ricorso alle dimissioni con le cure intermedie mostrano, in molte aree della regione, parecchie lacune. Inoltre, per valutare l’impatto della Riforma occorre comprendere come sono stati utilizzati i risparmi che l’hanno ispirata.
A fronte di una netta riduzione dei posti-letto negli ospedali oggi il territorio è in forte sofferenza. I cittadini si recano spesso al pronto soccorso perché non sanno dove rivolgersi poiché la realizzazione delle Case della salute, nei termini previsti dalla delibera della GR n. 117 del 2015, è inferiore al 50% di quelle previste, è concentrata solo in alcune zone e, in molti casi, le strutture non rispondono ai requisiti di servizi ed attrezzature indicati nella delibera di cui sopra, vi sono forti ritardi nella realizzazione dei servizi di sanità territoriale.
La lentezza e le difficoltà che si sono registrate nell’implementazione dei servizi territoriali, associata alla drastica riduzione dei tempi dei ricoveri ospedalieri, hanno determinato un aumento esponenziale dei carichi di lavoro, e quindi della produttività, richiesta al personale all’assistenza che le politiche di gestione delle risorse umane messe in atto dalle Aziende in questi anni non hanno saputo compiutamente affrontare, né in termini numerici (assunzioni) né in termini organizzativi.

L’ASSETTO ORGANIZZATIVO
Sul tema della ridefinizione delle zone-distretto e degli accorpamenti realizzati, in alcune aree si è registrata l’ostilità di alcuni amministratori comunali. Per questo è importante riflettere bene tenendo in considerazione anche le caratteristiche geografiche e sociali di alcune zone della Toscana.
Un punto centrale nella funzionalità delle zone-distretto è costituito dalla scelta/opzione su base volontaria della Società della salute o della convenzione sociosanitaria. E’ evidente che laddove esiste una Società della salute, un tale rapporto strutturato produce migliori risultati anche sotto il profilo delle relazioni e di conseguenza su quanto si realizza in un determinato territorio. Nelle zone in cui sono state fatte scelte diverse, i cittadini soffrono spesso la mancanza di una reale integrazione tra sociale e sanitario, sia nella fase di programmazione che nella fase di esecuzione dei servizi.
Il Piano, inoltre, definisce un vero e proprio indirizzo politico finalizzato al raggiungimento della gestione diretta dei servizi da parte delle Società della salute. Così facendo si apre un intervento non banale sul personale in possesso attualmente di assegnazioni funzionali e di conseguenza si rende necessario un piano di lavoro, con le organizzazioni sindacali di categoria, da affrontare attraverso il ricorso alla contrattazione o alla concertazione.

L’INNOVAZIONE
E’ necessario declinare meglio il driver che prevede l’introduzione nel sistema di elementi d’innovazione tecnologica e informatizzazione. In linea teorica, le misure indicate sono finalizzate a promuovere un notevole miglioramento dei servizi, ma sembrano non tenere conto delle caratteristiche di larga parte degli utenti del sistema sanitario, che sono prevalentemente anziani e rischiano di non beneficiare delle
innovazioni. Inoltre, per introdurre elementi di innovazione, occorre avere a disposizione un numero adeguato di lavoratori, opportunamente formati, perché altrimenti si rischia di provocare un effetto di nuovo rallentamento del sistema.
Una buona organizzazione telematica è condizione essenziale per far funzionare i servizi. E’ necessario, in primo luogo, comprendere perché gli sforzi effettuati in questi anni per completarla non hanno prodotti i risultati sperati. E’ necessario realizzare, in tempi certi, un sistema unico che colleghi i medici di famiglia, gli specialisti, i servizi di diagnostica, i servizi di prenotazione, le case della salute e gli ospedali basando tutto il percorso di cura sulla tessera sanitaria.

LE CASE DELLA SALUTE
Dal punto di vista delle strutture e degli edifici le aperture previste dal primo piano di azione del 2012 sono state completate solo al 50%, sono concentrate solo in alcune zone ed, in molti casi, le strutture non rispondono ai requisiti di servizi ed attrezzature. Le previsioni di strutture ed edifici indicate dalla delibera di indirizzo della GR n.117 del 2015, salvo molte zone distretto, non sono state nemmeno programmate. Altre, che potrebbero essere funzionanti come strutture, di fatto non lo sono perché
non hanno la disponibilità dei medici, i quali scelgono altre strade. Si tratta di una questione da approfondire. Non tanto valutando gli aspetti di carattere contrattuale dei Medici, quanto piuttosto facendo lo sforzo di capire perché e come ad esempio le Case della Salute funzionano in particolari contesti territoriali. Questa analisi mette in evidenza la necessità di stabilire un rapporto più efficace con i Medici di Medicina Generale e con i Pediatri di Libera Scelta, al fine di renderli protagonisti attivi del modello incentrato sulle “Case della Salute” nonché di coinvolgerli in misura maggiore e pienamente nella “Sanità di Iniziativa”, la cui adesione non può continuare ad essere una scelta discrezionale dei Medici.
E’ opportuno ricordare che, senza questo importante presidio territoriale, non è possibile mettere il cittadino al centro del servizio perché, ancora oggi, il paziente ed i suoi familiari sono costretti a cercarsi le informazioni ed i servizi in luoghi diversi con le relative difficoltà di rapporto con la burocrazia che grava soprattutto coloro che hanno meno risorse ed è una delle cause che li costringe a rivolgersi ai servizi privati.

IL FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA
E’ necessario ridurre gli attuali tempi di attesa con l’obbiettivo di raggiungere tempi fisiologici (60 gg.) per l’ingresso nelle strutture residenziali, attraverso una maggiore appropriatezza di ricovero e il recupero dei posti letto occupati in modo inappropriato nonché attraverso l’aumento delle risorse dedicate. Per quanto riguarda i criteri di ripartizione delle risorse alle singole zone è opportuna la verifica dei parametri oggettivi con l’obbiettivo di perseguire una maggiore omogeneità/equità su base regionale.

PRONTO BADANTE
Da tempo chiediamo di modificare i contenuti del progetto per renderlo più rispondente alle necessità: la formazione di base della/del Badante, il rapporto con il Medico di Medicina Generale e con i servizi distrettuali e una maggiore equità nelle erogazioni economiche.

LE LISTE D’ATTESA
Sulle liste di attesa vi è alla base un tema di appropriatezza e di risposta nei tempi adeguati da parte del Servizio sanitario regionale. Recentemente sono state introdotte misure, come la DGRT 1457/2018, che hanno bisogno di tempi certi di monitoraggio su cui chiediamo una puntuale verifica.

RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO
Il Piano, infine, deve affrontare in maniera più approfondita e definita il rapporto fra pubblico e privato. Oggi il ricorso al privato (non solo quello convenzionato ma anche quello “puro”) è reso competitivo dall’intrecciarsi di lunghi tempi di attesa con il pagamento del ticket. Se questo fenomeno, che già è rilevante, dovesse acquisire maggiore consistenza, sarebbe davvero preoccupante perché rivelerebbe un progressivo arretramento del servizio pubblico a vantaggio del privato, venendo meno al principio costituzionale sancito dall’art.32 e recando pregiudizio a tutti quegli utenti che, per mancanza di risorse economiche, rinunciano alla tutela della propria salute. Il fenomeno, inoltre, rischia di danneggiare il sistema sanitario regionale, che invece deve essere valorizzato, perché rappresenta un bene comune, un fattore di crescita e di sviluppo economico del sistema-regione, un importante bacino occupazionale e un importante motore di innovazione. Per questo la Regione deve governare il rapporto con il privato, svolgendo un ruolo di regia intelligente, programmando e controllando con grande attenzione.
E’ davvero necessaria una riflessione su questo circuito perverso liste di attesa-ticket che necessita di essere spezzato attraverso un’azione combinata di riduzione dei tempi di attesa e di abolizione dei ticket.

RUOLO DELLE OO.SS. CONFEDERALI
Il Piano esclude dal processo di partecipazione le organizzazioni sindacali confederali, in quanto corpi intermedi. Le organizzazioni sindacali sono menzionate nel Piano come rappresentanza dei lavoratori, ma non come Confederazioni. Il movimento sindacale sta facendo un lavoro di ascolto e di raccolta dei bisogni nei territori della Toscana. Questo lavoro potrà rivelarsi molto utile anche per la Regione Toscana. Per questo Cgil, Cisl e Uil Toscana rivendicano un maggiore protagonismo sugli atti esecutivi conseguenti al Piano e le schede operative , Cgil Cisl e Uil Toscana chiedono all’Assessorato un confronto preventivo e un’azione di monitoraggio per individuare problemi e soluzioni da apportare, come previsto peraltro dalla L.R. 40 e 41 del 2005 e s.m.i.

Mauro Fuso               Francesca Ricci              Piero Rubbioli
CGIL TOSCANA             CISL TOSCANA            UIL TOSCANA

18 gennaio 2019