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Museo Pecci, lettera aperta dei dipendenti: “Nessun piano di risanamento può legittimare i licenziamenti. Preoccupati per la gestione quotidiana e i danni d’immagine.

In questi giorni abbiamo visto le più diverse prese di posizione sul Centro Pecci, la sua storia e la sua crisi attuale.

Sono state ascoltate dai media varie persone, più o meno addentro al sistema dell’arte contemporanea e vicine al Centro Pecci.

Con rammarico constatiamo come alcune di queste persone abbiano espresso le loro opinioni senza avere tutti gli elementi per esprimersi. Crediamo dunque che mai come adesso sia necessario che la voce dei lavoratori del Centro Pecci sia ascoltata, anche perchè la reputazione del museo è danneggiata da alcuni di questi commenti e questo si riverbera inevitabilmente sulla professionalità di noi tutti.

Crediamo che nessun piano di risanamento possa legittimare il licenziamento dei nostri due colleghi e vogliamo sottolineare come non rinveniamo nessuna programmazione o chiarezza progettuale nella direzione che il Centro Pecci continua a perseguire in questo momento.

Ciò che ci è dato vedere è che sono state prese delle decisioni che hanno condotto all’attuale crisi finanziaria, perché una debolezza strutturale è sì rintracciabile, ma un disavanzo di tale portata non è stato mai vissuto dal museo, quantomeno dagli anni del suo ampliamento, il 2016.

Come dipendenti del Centro Pecci abbiamo chiesto che i Soci della Fondazione per le arti contemporanee in Toscana prendessero una posizione, e ottenuto un incontro per il quale ringraziamo Comune e Regione. Siamo tuttavia estremamente preoccupati da quanto leggiamo quotidianamente nei giornali – accordi evidentemente sfavorevoli per la FACT, possibili esborsi per cause legali – e per l’attuale gestione quotidiana del personale e dell’attività del museo. 

Per questo torniamo a rivolgerci ai Soci pubblici quali garanti di un patrimonio che non può essere disperso, perché svolgano il loro ruolo di controllo e indirizzo e prendano tutte le decisioni indispensabili a tutelarlo.

I dipendenti del Museo Pecci