Giovani e lavoro: potenziare gli ITS per colmare mismatch domanda/offerta di lavoro
La Nazione di Firenze questa mattina riporta la notizia della difficoltà di reperimento personale da parte delle aziende, per cui solo nella nostra Regione ci sono attualmente 32mila posti vacanti e addirittura il 40% di questi non trovano riscontro.
Come UIL Toscana siamo determinati a risolvere l’annoso problema del collocamento pubblico, problema non circoscritto alla sola Regione ma di portata nazionale. Non è possibile che a fronte di decine di migliaia di posti di lavoro proposti dal collocamento pubblico, non solo molti di questi rimangano inevasi, ma che addirittura ci sia una così alta percentuale di disoccupati, inattivi o emigrati all’estero.
Un forte mismatch tra domanda e offerta di lavoro che spesso ha come causa il disallineamento tra le competenze offerte e quelle richieste dal mondo del lavoro: la difficile certificazione delle competenze, tra soft skill (quindi le c.d. “competenze attitudinali”) e competenze digitali – quest’ultime spesso raggiunte da autodidatti e perciò, al di là di quelle scolastiche, di difficile certificazione – ma anche un’eccessiva specializzazione in ambiti il cui mercato del lavoro è già saturo o talvolta, soprattutto nelle aree del nostro Paese più in difficoltà, la difficoltà nell’accesso alle opportunità di formazione e lavoro, sono tutte concause di un fenomeno che rischia di paralizzare lo sviluppo dell’Italia nel prossimo futuro.
A parer nostro gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono la vera scommessa per superare lo scoglio del disallineamento domanda/offerta di lavoro. Gli ITS sono scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica che permettono di conseguire il diploma di tecnico superiore (paragonabile ad una laurea breve) svolti in stretta collaborazione con le aziende e che per questo prevedono molte ore (il 30% delle ore totali di formazione) di stage direttamente sul posto di lavoro, motivo per cui l’occupabilità è molto alta: secondo i dati più recenti1 nel 2020 su 5.280 diplomati l’80% (4.218 individui) ha trovato un’occupazione nel corso dell’anno successivo, nonostante la pandemia. Su questi oltre quattromila studenti, 3.836 (il 90,9%) risultano essere occupati in un’area coerente con il proprio percorso di studi.
Un trend che non sembra fermarsi: se il numero di diplomati totali in questo tipo di percorsi è di circa 20mila (anch’essi in fortissima crescita), la richiesta da parte delle aziende è di circa 52mila diplomati, con una difficoltà di reperimento (differenza tra richieste e diplomati totali) di circa il 56%. In pratica ci sono più richieste di diplomati che diplomati stessi. L’ennesima conferma che chi esce da questo tipo di percorsi si trova in mano non solo un titolo di studio di secondo livello, ma ha la possibilità di avere accesso a contratti immediati, sicuri, stabili e spesso anche a tempo indeterminato. Proprio la collaborazione con le aziende diventa centrale: contribuendo alla formazione dei giovani, sono loro stesse a fornirgli le competenze necessarie sul posto di lavoro del futuro.
Tra i comparti in cui c’è più richiesta troviamo quello industriale, con 18.550 richieste totali, e quello dei servizi alle imprese, con 17.850 richieste. Ovvero due delle quattro filiere sulle quali2 dovrebbe essere concentrato circa il 70% del flusso di occupati attivati grazie agli investimenti del PNRR.
Tra le figure più ricercate – quelle con la più alta difficoltà di reperimento – troviamo invece i Tecnici elettronici, con una difficoltà di reperimento al 74,6%, i Progettisti e amministratori di sistemi e gli Analisti e progettisti di software, entrambi al 64,6%, gli Elettricisti nelle costruzioni civili (63,5%) e gli Attrezzisti di macchine utensili (61,7%).
Per quanto riguarda invece la distribuzione territoriale delle richieste di diplomati ITS, notiamo un ritardo della regione Toscana, che rimane al di sotto delle quattromila richieste, rispetto ad altre regioni come la Lombardia (13.700 entrate previste), Lazio (6.200), Veneto (5.300), Emilia-Romagna (4.600) o Piemonte (4.300).
Ad ora però i percorsi di questo tipo sono troppo pochi e troppo poco conosciuti: servono più investimenti non solo per soddisfare questa domanda di lavoro inevasa, ma per aumentare esponenzialmente i percorsi di questo tipo e farli conoscere davvero ai giovani italiani, che vedrebbero finalmente un percorso gratificante e con uno sbocco lavorativo pressoché assicurato e stabile. Esattamente ciò di cui spesso si denuncia l’assenza.
La formazione mirata e sinergica tra mondo del lavoro, sindacati e istituzioni, se ben organizzata, rimane l’asse centrale per il futuro del mondo del lavoro e per quello del Paese.
Paolo Fantappiè, Segretario Generale UIL Toscana
1 Dati forniti da INDIRE su incarico del Ministero dell’Istruzione
2 Dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal