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Boom dei voucher in Toscana, ecco i nuovi schiavi del precariato – L’allarme della UilTemp della Toscana

Nel 2015 venduti quasi 8 milioni di buoni lavoro (+3,5 milioni sul 2014), che hanno interessato 4000 lavoratori. Silvestri (UilTemp): “Serve una riflessione sull’abuso di questo strumento e garantire ai lavoratori maggiori tutele”

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“Siamo fortemente preoccupati per l’aumento senza controllo dei Voucher che servono a pagare le prestazioni di lavoro accessorio. Se guardiamo ai dati pubblicati dall’Osservatorio sul lavoro dell’Inps notiamo che i buoni lavoro che risultano venduti nel 2015 sono 114.921.574, destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, con un incremento medio nazionale, rispetto al corrispondente periodo del 2014 (69.172.879), pari al 66%”. A lanciare l’allarme è la Segretaria UilTemp della Toscana Cristina Silvestri, categoria della Uil che si occupa delle tutele dei lavoratori in somministrazione, atipici, disoccupati, autonomi e Partite Iva.

Se ad ogni voucher corrisponde effettivamente un’ora di lavoro, il volume di ore remunerate dai voucher venduti in Italia nel 2015 corrisponde a circa 57.000 unità di lavoro equivalenti. E anche in Toscana si conferma il trend nazionale: infatti per l’anno 2015 sono stati venduti 7.954.250 voucher (che hanno interessato circa 4.000 lavoratori) a fronte dei 4.468.542 venduti nel 2014, con un aumento in un anno di quasi 3,5 milioni. E’ importante considerare che il voucher ha un importo lordo di 10 euro, di cui 7,50 è la quota di contribuzione e 2,50 euro ingloba la contribuzione ai fini Inps e Inail, che data l’esiguità dell’importo non garantisce l’accesso agli istituti di tutela sociale come ad esempio l’indennità di disoccupazione.

“Sono dati che non possono passare inosservati – aggiunge Silvestri – Una riflessione sull’abuso di questo strumento diventa necessaria e doverosa a tutti i livelli, per garantire ai lavoratori maggiori tutele, anche perchè si rischia che diventi l’unica forma di lavoro per molti. La nuova riforma del lavoro, il Jobs Act non ha certo reso le cose più facili, anzi ha esteso questa forma di lavoro, con un decreto sul riordino dei contratti, il limite di reddito percepibile per ciascun lavoratore che è passato da 5 mila a 7 mila euro annui (netti). E’ certo che questa forma di lavoro accessorio spesso maschera a tutti gli effetti veri e propri rapporti di lavoro subordinato a danno delle fasce più deboli“.
Firenze, 17 marzo 2016